XVIII Giornata Mondiale del Malato – 11 febbraio 2010

XVIII Giornata Mondiale del Malato – 11 febbraio 2010

“La Chiesa al servizio dell’amore per i sofferenti”

Il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà la XVIII Giornata Mondiale del Malato. La felice coincidenza con il 25° anniversario dell’istituzione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari costituisce un motivo ulteriore per ringraziare Dio del cammino sinora percorso nel settore della pastorale della salute.
La Chiesa nella sua storia ha sempre testimoniato la vicinanza a chi soffre. In maniera particolare la cura pastorale e le numerose istituzioni di accoglienza, assistenza e ricovero per gli ammalati, nascono dal mandato di Gesù ai suoi discepoli: “Predicate il Vangelo e curate i malati ”.
La presenza e l’azione della Chiesa oggi devono essere di ampia corresponsabilità e coinvolgi-mento. Non si tratta solo di curare le emergenze e di intervenire nei casi più drammatici. Bisogna anche analizzare la cause strutturali che provocano dolore, povertà e disagio e saper progettare interventi adeguati che mirino a rimuoverle, promuovendo sinergie e collaborazione con tutti coloro che sono sinceramente interessati al bene comune dell’uomo.
Il progresso indiscutibile della medicina che ha dato tante nuove possibilità di cura, ha creato però anche enormi aspettative, non sempre raggiungibili e problemi etici che, svincolati dal pensiero etico e da una prospettiva di fede, contribuiscono alla speranza fallace e alla solitudine del malato dei nostri giorni. Assistiamo, infatti, al moltiplicarsi non solo delle malattie, ma soprattutto della sofferenza e del disagio ad accettarle. Le malattie sono cambiate: prima erano prevalentemente acute e portavano a morte rapida, oggi sono sempre più croniche e psicologiche; prima c’era meno guarigione e più “prendersi cura” della persona, oggi c’è senza dubbio più guarigione ma certamente meno attenzione al malato nella sua globalità familiare – sociale - spirituale.
Il diverso modo di intendere la salute e la malattia interpella anche la Chiesa e, dunque, la comunità cristiana e le offre nuove opportunità di azione. Consapevole del mandato di Cristo, e allo stesso tempo di fare la propria parte per contribuire al bene della società, anch’essa si fa carico dei suoi malati e collabora a risanare l’intero corpo sociale.
Come la Sanità pubblica esce progressivamente, con i nuovi orientamenti legislativi, dagli ambiti ristretti dell’ospedale per radicarsi e allargarsi nel territorio, là dove la gente vive e lavora, anche la stessa azione e presenza della Chiesa accanto ai sofferenti perde la sua limitata connotazione di “pastorale ospedaliera” e si configura come “pastorale della salute”. Il cui raggio d’azione si estende anche all’educazione alla tutela della salute, intesa come corresponsabilità. E’ questo un lavoro che si può svolgere adeguatamente solo sul territorio presso la famiglia, la scuola, gli ambiti educativi degli oratori, dei gruppi giovanili, delle associazioni ecclesiali, del mondo del lavoro, in una parola della vita degli uomini ovunque essa si svolga.
“La strada in cui giacciono tanti feriti e percossi dai traumi dolorosi della vita, si è spaventosamente allargata e tanto più c’è bisogno di nuovi samaritani”. Questa espressione di Giovanni Paolo II, pronunciata nel 2004, riassume con efficacia le motivazioni, le finalità ed il riferimento etico- umanitario per cui la Chiesa, intesa come popolo di Dio, è a servizio dell’amore per i sofferenti nel corpo e nello spirito.
Madre Teresa di Calcutta ammoniva: “Noi crediamo che la povertà consista solo nell’aver fame di pane, nell’essere nudi per mancanza di vestiti, nell’essere privo di una abitazione di mattone e di cemento. Esiste una povertà più grande: quella di non sentirsi amati, non sentirsi desiderati; sentirsi emarginati’’.
Il concetto di povertà, dunque, non si deve restringere alla sola mancanza di cose. In realtà povero è chi manca di sé, di vita, di amore, di fiducia, di coscienza, di umanità, di speranza, di solidarietà; povero è chi non ha rapporti con sé, con la realtà, con gli altri. Povero è chi, vivendo in solitudine, soffre per la mancanza di rapporti umani, di affetti.
Buon Samaritano non è soltanto colui che soccorre, ma colui che porta aiuto nella sofferenza di qualunque natura essa sia. Nei quartieri, nelle parrocchie troviamo la solitudine delle persone anziane che nasce dall’abbandono del ruolo professionale, sociale e familiare; solitudine relazionale per mancanza di affetti. Esiste una solitudine esistenziale di chi ha un bisogno disperato di confidarsi, di condividere la sua sofferenza con chi nella vita ha subito la stessa sorte; la solitudine dei bambini e degli adolescenti che genera paura e disagio. Negli ospedali oggi non incontriamo più come problema principale, il dolore fisico, perché questo è efficacemente alleviato dai farmaci, incontriamo soprattutto la sofferenza, che è dolore dell’anima e la solitudine.
Allorché ciascuno di noi si trova di fronte alla malattia, come primo impatto prova una sensazione di sgomento, se non di paura. Le reazioni personali successive dipendono dai valori, dalla fede, dalle risorse che ciascuno possiede e, ultimamente, anche dalle risorse economiche a sua disposizio-ne per poter affrontare la situazione. È necessaria un’interazione fra la comunità locale e persone bisognose d’aiuto: il prendersene cura è una dimensione naturale della vita, il riceverla offre sicu-rezza in momenti delicati dell’esistenza.
Benedetto XVI nel Messaggio pontificio per la Giornata Mondiale del Malato 2010 è stato estremamente esplicito: “Con l’annuale Giornata Mondiale del Malato la Chiesa intende, in effetti, sensibilizzare capillarmente la comunità ecclesiale circa l’importanza del servizio pastorale nel vasto mondo della salute, servizio che fa parte integrante della sua missione, poiché si inscrive nel solco della stessa missione salvifica di Cristo’’.

“A conclusione della parabola del Buon Samaritano, Gesù dice: “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,37). Con queste parole si rivolge anche a noi. Ci esorta a chinarci sulle ferite del corpo e dello spirito di tanti nostri fratelli e sorelle che incontriamo sulle strade del mondo; ci aiuta a comprendere che, con la grazia di Dio accolta e vissuta nella vita di ogni giorno, l’esperienza della malattia e della sofferenza può diventare scuola di speranza.” (Messaggio pontificio per la XVIII GMM ).
Sappiamo che i presbiteri sono in numero sempre più ridotto e molti avanti con l’età, che i parroci asseriscono di essere sovraccarichi di lavoro e che considerano ancora la pastorale della salute non rientrante nella pastorale ordinaria, ma compito delegato ai cappellani ospedalieri. I quali, peraltro, dati i ricoveri sempre più brevi, a mala pena riescono ad incontrare una sola volta il singolo malato ricoverato, laddove occorrono ripetuti incontri per instaurare un dialogo rassicurante, rasserenante, costruttivo che sfoci poi nella proposta religiosa. Inoltre, come deve essere assicurata una continuità della cura del fisico nel passaggio dall’ospedale al territorio al momento della dimissione dall’ospe-dale, altrettanto dovrebbe essere assicurata la cura pastorale in questo passaggio, instaurando un’ef-ficiente comunicazione tra cappellani ospedalieri e parrocchia.
Benedetto XVI raccomanda:“ In quest’Anno Sacerdotale, il mio pensiero si dirige particolarmente a voi, cari sacerdoti, “ministri degli infermi”, segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza. Vi invito, cari presbiteri, a non risparmiarvi nel dare loro cura e conforto. Il tempo trascorso accanto a chi è nella prova si rivela fecondo di grazia per tutte le altre dimensioni della pastorale’’. (Messaggio pontificio per la XVIII GMM)
Coniugando insieme il vangelo della sofferenza con quello della carità, si aprono strade creative di ulteriore impegno nel territorio, facendo “sistema” tra i cappellani ospedalieri e le parrocchie, le parrocchie tra di loro, per vivere l’integrazione pastorale, come componente indispensabile della continuità della cura e del “prendersi cura”, dell’attenzione ai malati e ai sofferenti.
A Maria, Salute degli infermi e Madre della Chiesa, affidiamo la celebrazione della XVIII Giornata Mondiale del Malato nella nostra Diocesi.

don Giorgio Occhipinti



VICARIATO DI RAGUSA
Marina di Ragusa e San Giacomo Bellocozzo

RAGUSA
Cattedrale San Giovanni Battista-ore 15.30
presiede il Vescovo il S.E. Mons PAOLO URSO

Parrocchia San Giuseppe Artigiano ore 19
Spettacolo Musicale
Madre Teresa- La Piccola di Dio
a cura dei giovani della Parrocchia San Pietro Apostolo

MARINA DI RAGUSA
Parrocchia Maria SS di Portasalvo ore 15.30

SAN GIACOMO DI BELLOCOZZO
Parrocchia di B.M.V. di Lourdes ore 19

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