2-3-4 Gennaio 2011, PALAZZOLO ACREIDE (Sr) Premio Giovani "Giuseppe Fava". Giuseppe Fava, per gli amici Pippo, ucciso a Catania dalla mafia nel 1985, è stato scrittore, artista e giornalista direttore del mensile "I Siciliani", straordinaria stagione di giornalismo di impegno civile e antimafioso. Nella città natale di Pippo Fava, Palazzolo Acreide, al termine della tre giorni di conferenze, documentari, dibattiti, sarà conferito il Premio Giovani "Giuseppe Fava". Come Libera coord. Ragusa daremo una mano al Coordinamento e alla Fondazione Fava, promotori dell'evento. A breve il programma dove troveremo un'intera giornata dedicata a Libera. Libera Siracusa, infatti, co-promuove l'iniziativa. 

  • 5 Gennaio 2011 CATANIA, commemorazione alla lapide di Giuseppe Fava in via G.Fava (di fronte al Teatro Stabile). Conferimento nel pomeriggio del Premio Fava nazionale dedicato al giornalista ucciso da Cosa Nostra. Sempre in serata incontro, nel nome di Pippo Fava, con il giornalismo di base di Catania. Ci organizzeremo per una rappresentanza di Libera coord. provinciale di Ragusa. A breve volantino con il programma.

  • 9 Gennaio 2011importante iniziativa alla cooperativa LiberaTerra "Beppe Montana". Vogliamo ripetere la straordinario viaggio fatto esattamente un anno fa a Corleone. Questa volta giochiamo maggiormente "in casa", nel versante orientale della Sicilia: nei territori di Belpasso (Ct) e di Lentini (Sr) dove daremo una mano concreta alla cooperativa nel lavoro degli agrumeti confiscati alle cosche mafiose. Sarà una giornata di lavoro manuale e di formazione, con la testimonianza diretta dei soci della cooperativa B. Montana, all'antimafia sociale nel pieno spirito di Libera. Portare, come ricorderemo ulteriormente, scarpe di ricambio. Per tutte le informazioni rivolgersi a Sergio Failla: faillasergio@libero.it e cell. 3935103529  oppure  ragusa@libera.it.

LIBERA C’È: ANCHE IN PROVINCIA DI RAGUSA!

Nella nostra provincia “Libera - Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie” ha mosso i suoi primi passi circa due anni fa. Ha visto nascere presìdi a Vittoria, Modica, Scicli..
Sta facendo strada, Libera: oggi la ritroviamo “cresciuta”, pronta per l’ufficializzazione del Coordinamento Provinciale; le porte spalancate sul presente e un occhio al futuro..
In Italia Libera viene fondata il 25 Marzo 1995 da Don Luigi Ciotti. L’intento è quello di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e di promuovere la giustizia e la legalità. Libera è un coordinamento di singoli e di associazioni che operano sinergicamente per mettere in atto una lotta non violenta contro il dominio mafioso del territorio e per elaborare strategie di resistenza alle infiltrazioni mafiose.
Libera non è una sigla. E paradossalmente non è neanche un’associazione: Libera vive di differenze! Sono infatti le singole associazioni a rappresentare il volto dell’antimafia nel territorio. Il compito di Libera è quello di creare virtuosismo tra le associazioni, senza che esse vengano snaturate, e di dare cittadinanza ai singoli nell’opera di lotta alla mafia.
Testimoniare che le diversità non fanno paura e già in sé profondamente antimafioso!
Libera è anche promozione di iniziative culturali e di approfondimento sul fenomeno mafioso e sulle strategie di risposta ad esso. Libera è passione, è idea, ma è anche concretezza: “Legalità sono quei beni confiscati alle mafie e destinati all’ uso sociale. Legalità sono il pane, l’olio, il vino che produciamo nelle terre confiscate alla mafia” queste le recenti parole di Don Ciotti. E’ la realtà di Libera Terra: tremila i giovani provenienti dall’Italia e dall’estero che hanno già partecipato ai campi di volontariato che si svolgono ogni anno sui terreni confiscati..“per dare una mano, per formarsi, per approfondire!”
Un anno fa i tanti volontari e simpatizzanti ragusani di Libera hanno potuto “toccare con mano” il coraggio dei soci delle cooperative Libera Terra che lavorano per il riscatto sociale ed economico di territori “stanchi” di essere dominio di mafia. Un’esperienza di “turismo responsabile” durante la quale sono stati visitati luoghi simbolo della Sicilia che vuol cambiare. Domenica 9 Gennaio, il Coordinamento Provinciale di Libera riproporrà l’esperienza, che sarà vissuta presso i terreni di Belpasso e Lentini, confiscati alla mafia e oggi assegnati alla Cooperativa Beppe Montana. Durante la giornata sarà possibile offrire il proprio contributo nel lavoro di raccolta delle arance e di manutenzione del terreno; in un grande casolare a Belpasso si potrà inoltre vivere un momento di riflessione e di confronto con i soci della cooperativa.
Il nuovo anno si aprirà all’insegna delle nuove proposte che Libera lancerà in Provincia: tra queste ci sarà l’iniziativa “Una valanga di cartoline per seppellire la corruzione”; sarà quindi possibile firmare affinchè venga portata all'esame del Parlamento la proposta di legge che prevede la confisca dei beni non più solo ai mafiosi ma anche ai corrotti.
Viviamo in una Provincia dove la mafia agisce: senza quei clamorosi spargimenti di sangue che alimentano l’immaginario collettivo, ma agisce!
“Libera - Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie" in provincia di Ragusa prende quindi il suo impegno “per contrastare, secondo i principi della non violenza, la diffusione delle illegalità e del dominio mafioso”, per “valorizzare la memoria delle vittime di mafie, di violenze, di chi si è impegnato a costruire giustizia”, per “promuovere e praticare la cultura della legalità”...con il “morso del più”.Sempre. Perché come Don Ciotti insegna, il “morso del più” alimenta la Speranza!


Libera - Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie, Coordinamento Provinciale di Ragusa

COMUNICATO STAMPA

AGLI
ORGANI DI STAMPA

COMUNICATO STAMPA


Oggetto:
Emergenza democratica,ancora una volta registriamo il non rispetto delle regole.
 
Costretti a chiedere le dimissioni dell’attuale segretario dei Giovani Democratici di Ragusa
.

Dopo nove mesi di inattività e immobilismo politico, il segretario dei GD di Ragusa ritorna sulla scena commettendo gravi errori di grammatica politica, dimostrando ancora una volta, l’emergenza democratica esistente all’interno del partito.
La stessa segretaria, con un colpo di mano, cambia la segreteria, cancella il ruolo del vicesegretario Salvatore Ucchino(probabilmente perchè della nostra area?) e assegna ruoli di responsabilità di commissioni sconvolgendo tutti gli equilibri politici presenti fino a quel momento: tutto ciò non nel luogo legittimo e preposto quale il direttivo, ma convocando arbitrariamente giovani, da lei scelti, senza un criterio oggettivo e comprensibile, proponendo una modifica, sempre arbitraria, del direttivo votato al congresso celebrato ad aprile del 2009, alterando gli equilibri congressuali.Equilibri, già precedentemente modificati nel febbraio del 2010, ma questa volta, per nostra volontà politica di far entrare gli "ex sinistra democratica" in nome e per conto dell'unità.
Da sottolineare, ancora una volta, come il ribaltone sia diventato di moda, dato che la segretaria, candidata ed eletta nella lista “uniti per unire”, cambia linea politica senza neanche discuterla all’interno dell’area medesima,ma soprattutto della giovanile democratica.Ma poi ci chiediamo come  sia possibile che la figura della responsabile delle politiche giovanili, presente nella segreteria cittadina del partito, non corrisponda alla figura del segretario dei giovani democratici: forse perchè prima il segretario era, politicamente, con la lista "Uniti per Unire"?
Ma per mettere la ciliegina sulla torta,data la presa di posizione pubblica illegittima , perché non discussa(atto per noi inaccettabile), circa l’appoggio  dell’attuale segretario del partitoda parte dei giovani democratici ragusani, ci troviamo costretti a precisare che questo nostro documento di risposta è utile per chiarire all’opinione pubblica la strumentalizzazione dei giovani democratici, ma anche  necessario per delineare la pluralità delle posizioni in merito: c’è una consistente componente della giovanile che non riconosce la linea dell’attuale segreteria cittadina del partito democratico di Ragusa, perchè ne mette in dubbio la medesima gestione democratica.
Dopo quest’ultimo atto, rinunciamo a qualsiasi ruolo nella segreteria e nelle commisioni e prendiamo le distanze da questa gestione personalistica e "pidiellina", chiediamo le dimissioni della segretaria e l'urgente convocazione di un direttivo per effettuare una profonda riflessione e rilanciare l’organizzazione con la volontà di costruire un percorso unitario che porti all’elaborazione di una piattaforma programmatica per la città.


Ragusa 18/12/10
Salvatore Ucchino ex Vice Segretario e componente di segreteria
  Andrea caruso ex membro di segreteria
 Giuseppe Albora ex membro della segreteria
 Placido De Salvo ex membro di segreteria
 Stefano Iozzia
  Flavia Migliorisi
 Federcio Antoci
 Eva Criscione

*

per il bene comune restituiscano ciò che hanno rubato
CONTRO LE MAFIE
*

Al Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano
Signor Presidente,
siamo profondamente preoccupati per il diffondersi della corruzione nel nostro Paese.
Si tratta di un fenomeno che sta dilagando, come ha autorevolmente denunciato anche
ultimamente la Corte dei Conti. La corruzione minaccia il prestigio e la credibilità
delle istituzioni, inquina e distorce gravemente l’economia, sottrae risorse
destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura
democratica. Ci rivolgiamo a Lei, quale garante della Costituzione e massimo rap-
presentante delle istituzioni, per chiederle di intervenire, nelle forme e nei modi che
riterrà più opportuni, affinché il governo e il Parlamento ratifichino quanto prima e diano
concreta attuazione ai trattati, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie
in materia di lotta alla corruzione nonché alle norme, introdotte con la legge Finanziaria
del 2007, per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti. In questo
modo anche l’Italia potrà finalmente fare ricorso a norme chiare, strumenti e sanzioni
efficaci per contrastare davvero il diffondersi di questa autentica piaga sociale, econo-
mica e morale. Certi di poter contare sulla sua attenzione
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I giovani si sentono senza futuro ecco che cosa ha acceso la scintilla


La riforma Gelmini ha innescato il risentimento degli studenti. Contro una scuola e un'università che funzionano sempre peggio. Lo spiegano i dati Demos-Coop. Il disagio è profondo e generalizzato. E va ben oltre il ddl

di ILVO DIAMANTI
UN DISAGIO profondo e generalizzato. Che va ben oltre i contenuti della riforma Gelmini. Un disagio che riguarda lo stato del sistema scolastico, che appare in profondo e continuo degrado, da molto tempo. Ecco cosa c'è al fondo della protesta degli studenti. Il rinvio del voto al Senato, in attesa della fiducia (o della sfiducia) al governo, il prossimo 14 dicembre, non ha fermato la protesta contro la riforma dell'Università, firmata dal ministro Gelmini. In molte città, le occupazioni continuano. Nelle sedi universitarie ma anche nei licei e negli istituti superiori. Non intendiamo entrare nel merito della riforma, ma valutare il sentimento verso le politiche del governo, sull'università e sulla scuola. Parallelamente, ci interessa l'atteggiamento della popolazione nei confronti delle manifestazioni e delle polemiche che, da settimane, agitano il mondo studentesco. A questi argomenti è dedicato il sondaggio dell'Osservatorio sul Capitale Sociale di Demos-Coop, condotto nei giorni scorsi.

GUARDA LE TABELLE 1

I dati suggeriscono che, al fondo della protesta, vi sia un disagio profondo e generalizzato. Che va oltre, ben oltre i contenuti e i provvedimenti previsti dalla riforma Gelmini. Un disagio che riguarda lo stato del sistema scolastico nell'insieme, che appare in profondo e continuo degrado, da molto tempo.

Circa il 60% del campione, infatti, ritiene che negli ultimi dieci anni l'università italiana sia peggiorata. Lo stesso giudizio viene espresso dal 70% (circa) riguardo alla "scuola" nel suo complesso. In entrambi i casi, meno del 20% della popolazione sostiene il contrario. Che, cioè, scuola e università negli anni 2000 sarebbero migliorate. Metà degli italiani, peraltro, ritiene che la riforma delineata dal ministro Gelmini peggiorerà ulteriormente la situazione, un terzo che la riqualificherà.

Naturalmente, i mali del sistema scolastico hanno radici profonde e una storia molto lunga. Quanto all'università, è appena il caso di rammentare che, dalla riforma avviata dal ministro Berlinguer, alla fine degli anni Novanta (quindi da un governo di centrosinistra), è stata sottoposta a un processo di mutamento continuo e non sempre coerente. Che ha prodotto una moltiplicazione dei corsi di laurea e delle sedi assolutamente incontrollata. È da allora che gli studenti - e, in diversa misura, anche gli insegnanti - hanno cominciato a mobilitarsi. Oggi, però, il disagio ha superato il limite di guardia. E la protesta si è riprodotta per contagio, un po' dovunque. Per ragioni che vanno oltre la riforma stessa, lo ripetiamo. Perché è diffusa e prevalente l'impressione che l'università e la scuola, nell'insieme, ma soprattutto quella pubblica, abbiano imboccato un declino senza fine e senza ritorno.

La fiducia nella scuola, negli ultimi dieci anni per questo, più che calata, è crollata: dal 69% al 53%. Sedici punti percentuali in meno. Un quarto dei consensi bruciato in un decennio. Per diverse cause e responsabilità, secondo i dati dell'Osservatorio Demos-Coop. Due su tutte: la mancanza di fondi e di investimenti (32%), lo scarso collegamento con il mondo del lavoro (22%).

In altri termini: la scuola e l'università non attirano risorse e non promuovono opportunità professionali. Anche i "baroni", secondo gli italiani, hanno le loro colpe. Ma in misura sicuramente più limitata (9%) rispetto a quanto vorrebbe la retorica del governo e del ministro. Peraltro, le responsabilità dei "baroni" appaiono ulteriormente ridotte, nel giudizio degli studenti e di coloro che hanno, in famiglia, uno o più studenti. Il che (lo dice un "barone", personalmente, senza quarti di nobiltà e con pochi poteri) appare fin troppo generoso.

Perché le colpe del corpo docente, all'Università, sono molte. Una fra tutte: non aver esercitato un controllo di qualità nel reclutamento. E nella valutazione dell'attività scientifica e didattica. Anzitutto della propria categoria. (Anche per queste ragioni, forse, oggi appaiono perlopiù silenziosi, di fronte alla riforma).

Ma ridurre il problema dell'Università - e della scuola - alla stigmatizzazione dei professori, oltre a essere ingeneroso verso coloro - e sono molti - che hanno continuato a operare con serietà e, spesso, con passione, risulta semplicistico e deviante. Basti considerare, semplicemente, le risorse pubbliche destinate all'Università e alla ricerca. Le più basse in Europa. Basti considerare che, a questo momento, mentre sta finendo il 2010, il governo non ha ancora stabilito (non si dice erogato) il finanziamento (FFO) alle Università del 2010. Non è un errore di battitura. Si tratta proprio dell'anno in corso, o meglio, tra poco: dell'anno scorso. Difficile, in queste condizioni, discutere seriamente della riforma universitaria.

A non crederci, per primi, sono gli italiani. Anche così si spiega il largo sostegno alla protesta contro la riforma Gelmini - maggioritario, nella popolazione. Espresso dal 55% degli italiani, ma dal 63%, tra coloro che hanno studenti in famiglia. E dal 69% fra gli studenti stessi. Il consenso alla protesta studentesca diventa, non a caso, quasi unanime in riferimento alla carenza di fondi alla ricerca (81%). Mentre è più circoscritto (per quanto maggioritario: 53%) riguardo alle occupazioni. È significativa, a questo proposito, la minore adesione che si osserva fra gli studenti universitari stessi. Attori della protesta, ne sono anche penalizzati. Vista la difficoltà di svolgere l'attività didattica e quindi di "studiare".

La riforma Gelmini, per queste ragioni, più che l'unico motivo della protesta giovanile, appare la miccia che ha acceso e fatto esplodere un risentimento profondo, che cova da tempo. Nelle famiglie, tra gli studenti, tra coloro che lavorano nella scuola e nell'università (in primo luogo, fra i ricercatori, categoria a esaurimento, secondo la riforma). "Risentimento" e non solo "sentimento", perché scuola e Università sono un crocevia essenziale per la vita delle persone. A cui le famiglie affidano la formazione e la "custodia" dei figli. Dove i giovani passano una parte della loro biografia sempre più lunga. Dove coltivano amicizie e relazioni. La scuola e l'università: che dovrebbero prefigurare il futuro professionale dei giovani. Non sono più in grado di svolgere questi compiti. Da tempo. E sempre meno. Abbandonate a se stesse. In particolare quelle pubbliche. Anche se solo una piccola quota di italiani vorrebbe privatizzarle maggiormente. (Come emerge dal XIII Rapporto su "Gli Italiani e lo Stato", di Demos-la Repubblica, sul prossimo numero del Venerdì). C'è questo ri-sentimento alla base della protesta e del dissenso profondo verso le politiche del governo nei confronti della scuola e dell'università.

Da ultimo: la riforma Gelmini. Non è un caso che i più reattivi non siano gli universitari, ma i liceali. Gli studenti che hanno meno di vent'anni e frequentano le superiori. Si sentono senza futuro. Una generazione sospesa. Precaria di professione. Professionisti della precarietà. Tanto più se nella scuola, nell'Università e nella ricerca si investe sempre meno. Questi studenti (secondo una recente ricerca dell'Istituto Cattaneo e della Fondazione Gramsci dell'Emilia Romagna) oggi appaiono spostati più a destra rispetto ai giovani degli anni Settanta. E, quindi, ai loro genitori. Ma, sicuramente, sono molto più incazzati di loro. A mio personale avviso, non senza qualche ragionevole ragione.

Tonino Russo (PD): "Università, l’ultima legge di una maggioranza che non c’è più"

L’Università italiana ha saputo fino ad oggi, anche fra mille difficoltà, mantenere una produzione scientifica che pone ancora il nostro Paese tra le prime nazioni industrializzate, nonostante il basso numero di ricercatori e le scarse risorse finanziarie di cui dispone. Le nostre università hanno sfornato straordinarie risorse intellettuali, frutto di anni di sacrifici nelle aule e nei laboratori delle facoltà italiane, che hanno trovato il riconoscimento e la giusta valorizzazione e la dovuta collocazione soltanto all’estero: in grandi multinazionali, in laboratori di ricerca, in grandi centri-studi, dove sono stimati ed apprezzati per come meritano.
La privatizzazione dell’università proposta dalla Gelmini e la precarizzazione della ricerca sono l’esatto contrario di quanto il nostro Paese abbia bisogno, per valorizzare le sue migliori intelligenze e dotarsi di un sistema di ricerca all’altezza.
Altri paesi d'Europa, che condividono con noi comuni esigenze di bilancio e preoccupazioni per l'instabilità finanziaria, hanno aumentato gli investimenti in ricerca e innovazione. Francia e Germania, solo per fare qualche esempio, hanno accompagnato le loro misure di programmazione economica e finanziaria con massicci investimenti in formazione e ricerca, consapevoli che le risorse assegnate alla conoscenza rappresentano un moltiplicatore di sviluppo e di ripresa economica. Il sostegno migliore che un governo può assicurare al proprio sistema industriale ed imprenditoriale.
Anche per questi motivi il Partito Democratico ha svolto una strenua battaglia di opposizione che ha fatto registrare qualche successo, la maggioranza è andata sotto per ben tre volte, raggiungendo la ragguardevole quota 63, dall’inizio della Legislatura. La maggioranza si è ormai disciolta, non resta che aspettare il 14 dicembre, perché questa realtà, di cui qualcuno non vuole ancora prendere atto venga solennemente certificata dal voto di sfiducia.

Nasce il Circolo Universitario Ibleo (Servizio in tv su Video Mediterraneo)

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