L'ESPRESSO: LAUREATI PESSIMISTI D'EUROPA. IL FUTURO? "SARA' SENZA CARRIERA"

Nove universitari italiani su dieci preoccupati per le prospettive professionali. Quasi il doppio della media continentale. Come noi solo spagnoli e irlandesi. Olandesi e norvegesi tra i più ottimisti. I risultati dell’indagine del Trendence Institute su 196 mila studenti in 750 università europee. MOBILITA’: disponibilità a muoversi. STIPENDI: la paga attesa

di FEDERICO PACE

Nubi sempre più cupe sui cieli delle prospettive dei giovani italiani. Sempre più convinti che l’università non sia in grado di offrire le competenze necessarie per il mercato del lavoro, i ragazzi escono dalle facoltà italiane senza quasi più nutrire speranze per il futuro. Tanto che nove su dieci guardano con apprensione al proprio destino occupazionale. Molti di più di quanti non siano i loro coetanei, neppure loro troppo sereni, tedeschi, francesi o inglesi. E con l’ulteriore convinzione che con lo stipendio che i primi datori di lavoro offriranno loro sarà difficile pagare quel che c’è da pagare. I risultati, di certo poco confortanti, sono quelli resi noti dall’indagine del Trendence Institute di Berlino che ha ascoltato le opinioni di 196 mila studenti di 750 università in 22 nazioni europee.

Aspettative disattese. Gli universitari italiani sognano un impiego stabile in Banca d’Italia, Intesa SanPaolo e all’Unicredit Group. Mandano candidature alla Ferrero, L’Oréal o alla Procter & Gamble. Ma non si fanno illusioni. Sanno che dovranno aspettare. L’88 per cento degli studenti confessa di covare preoccupazioni per la carriera che li aspetta. Solo il 9,2 per cento guarda con tranquillità a quello che li aspetta. In tutta Europa non abbiamo pari. O quasi. Solo in Spagna ci sono meno giovani a cui è stato concesso di conservare sprazzi di fiducia (il 7,2 per cento). A cospetto di una media europea di ottimisti pari al 32,6 per cento, si distinguono soprattutto i norvegesi (61,9 per cento) e gli olandesi (61,2 per cento). Ma al di là dei paesi del Nord Europa, quasi sempre con migliori indicatori dei nostri, è vero che anche in Germania (46,6 per cento), Francia (37,3 per cento) e Regno Unito (19,5 per cento) le aspettative dei giovani sono migliori di quelle dei coetanei italiani.

Le riforme incompiute. Le tante riformulazioni del sistema universitario italiano, spesso neppure portate a termine, non trovano il gradimento dei giovani se è vero che il 39,4 per cento di loro pensa che i corsi delle facoltà frequentate non sono stati in grado di fornirgli gli skill richiesti dal mercato del lavoro. In Europa la media dei giovani che la pensa così è del 27,2 per cento e in alcuni paesi le convinzioni dei ragazzi sono quasi rovesciate rispetto alla situazione italiana. In Francia il 71 per cento dei giovani ritiene che le lezioni abbiano offerto loro gli strumenti necessari per il lavoro. In Olanda sono il 74,1 per cento e in Norvegia l’83,4 per cento. Gli spagnoli invece la pensano più o meno come noi.

Non troppo lontano. Nonostante le preoccupazioni però, nonostante molti abbiano deciso di andare via dall’Italia per trovare un degno sbocco professionale, la percentuale degli italiani che non sono disposti a muoversi è ancora più elevata rispetto a quella delle media europea. Uno su cinque si è detto non disponibile a trasferirsi. Anche nel caso in cui ricevesse un’offerta di lavoro interessante. In Europa il dato è fermo al 12,2 per cento. In alcuni casi è persino più basso: in Germania (8,6 per cento), Francia (5,3 per cento), Spagna (7,2 per cento) e Regno Unito (6,8 per cento). D’altro canto però, è vero pure che più di quattro italiani su dieci sono pronti a muoversi in ogni parte del mondo e il 22 per cento di dice pronto ad andare in qualsiasi nazione europea (vedi tabella).

Tempi più lunghi. Ma quanto ci vorrà per trovare il primo impiego? Quanto si dovrà aspettare per avere accesso alla prima occasione di lavoro? In Europa gli universitari programmano un’attesa media di poco superiore ai quattro mesi. In Italia invece, almeno se si dà retta alla percezione dei giovani, ce ne vogliono quasi sei. Più che in ogni altra nazione. In Norvegia bastano 2,9 mesi, in Francia e in Olanda (3,3) quasi la metà dell’Italia. Poco di più, ma sempre meno che da noi, ce ne vuole in Spagna (4,3 mesi) e Regno Unito (5,3 mesi).

Stipendi minimi. Se il lavoro arriverà, a tempo determinato probabilmente, la busta paga non sarà un granché. I laureati italiani si aspettano di firmare un contratto di lavoro con una retribuzione lorda annua pari a 19.127 euro (vedi tabella). In termini netti saranno, ovviamente, molti di meno. Meno di quanto non fossero l’anno scorso. La media europea è di 23.967 euro annui. I valori più alti si registrano in Danimarca (49.151 euro), Germania (40.689 euro), Norvegia (43.524 euro) e Svizzera (49.921 euro).

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